mercoledì 12 settembre 2012

Rugby: IN RISPOSTA A STEFANO IL NERO

Oggi avevo ricevuto e pubblicato questo editoriale de "Il Nero Il Rugby".

A stretto giro di posta arriva la risposta di Stati Generali, sostenitori del candidato Gianni Amore.
Riporto anche questa senza alcun commento, in attesa di un'eventuale risposta dei sostenitori del candidato Alfredo Gavazzi, che sarà riportata allo stesso modo.


Dal Blog il Nero il Rugby

http://networkedblogs.com/C1svz

Molto apprezzabile esporsi in prima persona, molto di più se questo lo fa un blog d’opinione, perchè non si traveste da falso pluralista e viene allo scoperto mostrando un colore che illusoriamente si sperava non avesse, (speravamo di trovare spazio sul suo blog anche noi)….invece il colore ce l’ha è bianco/verde con un grassetto e una sottolineatura blu!

Da responsabile marketing della campagna di Gianni Amore, non ho il problema dell’imparzialità e devo fare il pompiere ogni volta che succede qualcosa che può mettere nella luce che non merita, il candidato che sostengo, sperando che non siano questi ultimi appelli a cambiare un esito elettorale rincorso faticosamente per mesi.

Vorrei quindi  sapere da Stefano il Nero, cosa può avere di meno Gianni Amore rispetto ad Amerino Zatta, se togliamo Vittorio Munari e la Benetton.

Molte cose del programma sono comuni, altre sono state introdotte da Amore per primo, ognuna descritta dettagliatamente, altre ancora assolutamente innovative, più inerenti alla parte industriale, materia di sicura competenza del manager Benetton.

Gianni Amore ha una voce sentita in più occasioni (il dirigente trevigiano è meno mediatico), usa un italiano senza inflessioni meridionali che lo potrebbero, far ritenere la non migliore espressione della 8° potenza economica mondiale (se non ci retrocederanno anche lì!).

Insomma, se Zatta fosse da solo sarebbe ancora da preferire ad Amore?

Una domanda retorica, considerando anche il fatto che non aver giocato a rugby, non è un dettaglio da niente!

Allora vuol dire che lo si vota perchè c’è  Munari o perché la famiglia trevigianadà garanzie al movimento col suo carisma industriale e finanziario, che insomma dietro uno c’è sempre qualcun’altro e che quindi è inutile valutare le persone fine a sè stesse e qui non voglio tirare in ballo l’altro candidato, altrimenti facciamo notte!

Si deve credere che ancora una volta siamo pronti a decentrare la gestione del movimento su parametri troppo vicini all’alto livello, che chiamiamo in soccorso gli uomini forti…..

non va bene, lo ripetiamo da mesi

il movimento italiano deve crescere con le sue gambe, con le sue forze, impiegando i tempi necessari.

Le scelte di Gianni Amore non sono meno ambiziose di quelle di Zatta o Gavazzi, ma è l’unico candidato che ha il coraggio di annunciare che il rugby italiano ha bisogno di una cura da cavallo, che implica una ripartenza quasi da zero come ha fatto il Galles dieci anni fa, per fondare delle basi che collochino l’Italia a livello internazionale, come sta succedendo all’Argentina.

L’unico mattone vero e indiscutibile è la base, è tutto il movimento italiano di cui Treviso è una parte ed una parte eccezionale avulsa dalla normalità.

Ma ci rendiamo conto della difformità che costituiscono i 23 convocati in nazionale tra i Leoni? Dove trovare il senso per far convivere l’attività della nazionale con quella di un solo club unico in Italia, su cui si concentrano questi numeri?

Ma ci rendiamo conto di che consistenza può avere una nazionale che non riesce a pescare giocatori da un territorio lombardo, piemontese, toscano, laziale, campano, siciliano dove giochino abitualmente?

Il rugby italiano non è all’altezza della Benetton che ha mezzi e uomini adatti per un livello che le Zebre, che non sono una squadra, stanno penosamente cercando di raggiungere con degli arraffazzonamenti, frutti della improvvisazione italiana, in uno sport che non la ammette.

Stiracchiare il rugby italiano verso quei livelli di organizzazione ed efficienza di cui necessita, attraverso gli interventi di persone competentissime, ma che non frequentano le zone di confine, non porterà i risultati sperati, perché sono ambiti da riformare da zero, con la creazione di modelli replicabili in ogni regione, non solo in Veneto.

Ciao Stefano, porta pazienza, ma abbiamo poche carte e solo quelle ci possiamo giocare
Bruno Giovetti

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